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Il Borgo del Balsamico: tre anime, una tradizione, un atto d'amore

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 12 giu
  • Tempo di lettura: 5 min

«Molti ci dicono che qui il tempo si è fermato, e per noi la loro meraviglia è la nostra più grande soddisfazione. Cerchiamo di far amare loro questo luogo come lo amiamo noi, e tutto viene naturale»


C’è un senso di casa che precede qualsiasi parola, che arriva prima ancora di sedersi o di posare la valigia. Di cose amate e vissute. Di tempo. Il Borgo del Balsamico accoglie con quel garbo da vecchia casa di campagna che non ha bisogno di annunciarsi.


Tutto è cominciato negli anni Settanta, quando il padre delle attuali proprietarie, Cristina e Silvia Crotti, acquistò la tenuta. Nessun intervento invasivo, solo un lavoro di recupero conservativo: la villa, il rustico, la serra, il casino di caccia, perfino la ghiacciaia nel bosco vennero preservati nella loro integrità.


Ancora oggi, ogni angolo racconta quell’approccio rispettoso e testardo. Anche le camere, oggi per gli ospiti, portano con sé tracce della vita di famiglia: un esempio? Nella Dalia si trovano gli schizzi originali di Walter Albini, testimonianza della prima vita professionale dei Crotti, legata al mondo della moda.


Il Borgo non è un hotel, né un semplice bed & breakfast, spiega Cristina. Non rientra in nessuna categoria, ed è proprio questo a renderlo speciale. Gli ospiti vengono accolti in una casa che resta privata e vissuta, con una quotidianità che non viene mai nascosta. Nulla è standardizzato, niente è freddo. Ogni stanza, ogni oggetto, ogni colazione racconta la volontà di offrire un’esperienza autentica.



«Non vogliamo assolutamente che ci scambino per un hotel», continua Cristina. «Quando abbiamo deciso di aprire la nostra casa agli ospiti di tutto il mondo, l’idea era molto chiara: condividere la bellezza di questo luogo, farli sentire a casa, far vivere anche a loro un soggiorno autentico. Le nostre famiglie vivono tuttora nei luoghi privati della proprietà ma viviamo i luoghi comuni insieme agli ospiti. Questo è bellissimo per noi e credo anche molto affascinante per loro. Molti ci dicono che qui il tempo si è fermato, e per noi la loro meraviglia è la nostra più grande soddisfazione. Cerchiamo di far amare loro questo luogo come lo amiamo noi, e tutto viene naturale».


Accanto a questa ospitalità familiare, negli anni è cresciuta anche l’anima produttiva (e originaria) del Borgo: quella legata all’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia. Un’eredità iniziata per passione dal padre, che negli anni aveva acquistato batterie da famiglie che non potevano più occuparsene, custodendole con cura nel sottotetto. «Il Borgo del Balsamico è nato da una passione di famiglia», spiega Cristina. «Nostro papà aveva collezionato negli anni Settanta diverse batterie antiche di balsamico tradizionale, e quando abbiamo venduto la Maska (l’azienda di famiglia n.d.r.) io e mia sorella Silvia abbiamo trasformato la passione in un nuovo mestiere. Portare avanti questa eredità ci rende fiere della nostra storia ogni giorno».


Dall’amore familiare alla visione imprenditoriale, il passo è stato naturale. «Avevamo un foglio bianco davanti agli occhi ed è stato bellissimo creare la nostra filosofia di business. Il balsamico è un prodotto che tutti conoscono (di nome) e che tutti utilizzano (spesso quello del supermercato) senza conoscere veramente la storia antica che sta dietro questo prodotto meraviglioso e il grande valore che rappresenta per il nostro Paese. È stata un’esperienza bellissima e ogni giorno ci rende felici».



Oggi l’acetaia ha un ruolo centrale nella narrazione del luogo. «Molti vengono proprio per il balsamico, altri sono felici di scoprire questo meraviglioso prodotto». E chi decide di approfondire, entra in un mondo profondo e paziente, fatto di gesti antichi e lente trasformazioni. «Produrre aceto balsamico tradizionale nel 2025 è una missione. È un prodotto magico che non si può immaginare se non si prova l’esperienza. Il pubblico che non lo conosce non lo può amare, ma chi decide di entrare in contatto con l’anima autentica del tradizionale non lo lascia più. È una strada in salita ma dà grande soddisfazione».


Al Borgo del Balsamico è anche possibile fare visite guidate e degustazioni, che iniziano proprio dall’acetaia, nel sottotetto, dove oltre centocinquanta botti centenarie custodiscono l’affinamento lento dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP. Alcune di queste batterie risalgono al Settecento e all’Ottocento, provenienti da antiche famiglie nobili delle province di Modena e Reggio Emilia.


Ogni botte ha una storia, una forma e un’essenza diversa: acacia, rovere, castagno, ginepro, ciliegio, frassino e gelso sono i sette legni in cui il balsamico riposa nel tempo, assorbendone sfumature, profumi e carattere. Il risultato si scopre nell’assaggio finale, dove ogni goccia racconta la stratificazione del tempo.


Le botti sono organizzate in batterie: una sequenza di botticelle, solitamente sette, ma talvolta cinque o sei, disposte dalla più grande alla più piccola. Ogni anno, una minima quantità di balsamico viene travasata da una botte all’altra, seguendo l’antico metodo Solera. È un gesto lento, ciclico, che rinnova senza interrompere, custodendo l’identità di ogni batteria nel tempo.


Il modello del Borgo tiene insieme ospitalità, artigianalità e una produzione complessa, mantenendo un’identità chiara. «La sfida più grande? Fare capire a fondo le differenze che ci sono fra i balsamici industriali e quelli artigianali. Entrare nel merito del processo produttivo e vedere gli occhi dei nostri ospiti che si illuminano ad ogni assaggio».



Arrivando dal mondo della moda, nessun dettaglio è lasciato al caso: da Il Borgo del Balsamico, anche il packaging è pensato per educare con garbo. Niente tecnicismi, ma linee guida semplici, raccontate anche attraverso il colore.


L’etichettatura – gialla, arancione, rossa – spiega con chiarezza i diversi gradi di intensità del prodotto, rendendolo accessibile senza svilirne la complessità, e suggerendo abbinamenti con il cibo: «venendo da un settore come quello della moda, noi eravamo capaci di lavorare con le forme, coi colori. E quindi abbiamo studiato la nostra bottiglia personalizzata» e continua, «Dietro ogni prodotto c'è un pensiero e questa è una cosa su cui io non transigo. Non è un mero gesto commerciale. Certo, dobbiamo trovare clienti a cui piace quel tipo di prodotto, però deve esserci una coerenza di fondo» spiega Cristina. «Vogliamo fare prodotti buoni per appassionati, che vogliono utilizzare il prodotto nel migliore dei modi nella loro cucina, che lo comprendano».


Oggi il Borgo si apre a una dimensione internazionale, senza perdere il radicamento nel territorio. «Vogliamo consolidare la nostra presenza internazionale, crescere sempre in qualità, raggiungere obiettivi di notorietà nei paesi lontani. Gli Stati Uniti sono un obiettivo molto ambizioso perché richiedono una selezione attenta e un lavoro costante. In ogni caso la nostra filosofia di ospitalità ha creato un bellissimo volano anche per la nostra distribuzione internazionale. Qui vengono a trovarci chef e buyer provenienti da tutto il mondo. Ed è amore a prima vista».


Il Borgo del Balsamico è un luogo dove il tempo rallenta, i dettagli contano e ogni gesto ha radici profonde. Un progetto che unisce famiglia, tradizione e visione, capace di parlare a chi cerca autenticità — non solo in ciò che assaggia, ma anche in ciò che vive. Qui l’ospitalità non è mai un servizio, ma un atto d’amore: discreto, quotidiano, memorabile.




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