Trattoria da Amerigo 1934: un classico moderno, radicato nel territorio
- Redazione

- 3 giu
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Dal 1934, la Trattoria da Amerigo rimane fedele a se stessa, nel rispetto delle tradizioni e delle materie prime locali.
Varcare la soglia dell'Osteria da Amerigo 1934 a Savigno, nel cuore dell'Appennino emiliano, è fare un viaggio nel tempo, in un luogo dove ogni dettaglio racconta una storia. Qui, l'anima di una vecchia trattoria di campagna si mescola alla consapevolezza di un «classico moderno», capace di portare una Stella Michelin senza rinunciare alla sua identità.
Tutto racconta una storia: dal banco del bar, in legno di ciliegio e marmo rosso di Verona, installato nel 1950, ai tavoli in castagno, dove si tirava la sfoglia, si facevano i compiti e insaccavano i salumi, ora apparecchiati con tovaglie, piatti, posate. E ancora, le tendine all'uncinetto alle finestre, la vecchia macchina da caffè Faema E61 degli anni Sessanta, e le lampade Splugen Brau di Achille Castiglioni, appese al soffitto della sala al pianterreno.
Da Amerigo non è solo una trattoria, ma la testimonianza di come una realtà a stampo familiare, ben radicata nel territorio, possa diventare un classico moderno, celebrando la tradizione, senza paternalismi o inutile retorica. Una storia che inizia nell'Italia contadina del secolo scorso e arriva, con una Stella Michelin, fino ai giorni nostri, mantenendo intatta la sua identità.
La storia della Trattoria da Amerigo ha inizio nel 1934, grazie a Amerigo Vespucci (già dal nome si poteva immaginare che avrebbe dato inizio a grandi cose) e sua moglie, Agnese Pierantoni. L’osteria originale (diventerà trattoria a tutti gli effetti solo nel 1988) era semplice, ma divenne ben presto un punto di ritrovo per il paese. Agnese era in cucina, dove trasformava ciò che l'orto di Amerigo offriva in piatti della tradizione come le lasagne, il coniglio arrosto o il galletto alla cacciatora. Amerigo, dal canto suo, era l'oste, l'anima del posto: coltivava l'orto, allevava gli animali, preparava salumi e vino. L'offerta era limitata a ciò che la terra aveva da offrire o che gli amici portavano, riflesso dell'Italia rurale di quegli anni. Poche cose, forse, ma poche cose fatte bene.
Ancora oggi, dopo quasi cento anni, la gestione familiare è rimasta il cuore pulsante di Amerigo. Generazione dopo generazione, la passione per la cucina e l'ospitalità è stata tramandata, con una dedizione che va oltre il semplice mestiere. Il legame con il territorio di Savigno e la Valsamoggia è sempre stato fondamentale, attingendo alle sue risorse e alla sua storia gastronomica. I fornitori locali sono parte di una filiera che si estende dalla terra alla tavola, veri custodi di questo territorio. L'identità della trattoria di campagna è stata mantenuta, scelta consapevole in contrapposizione a rituali più formali, mantenendo un'atmosfera autentica e accogliente.
Oggi, Alberto Bettini, insieme alla compagna Marina, ha saputo mantenere vivo questo dialogo tra passato e presente. La sua idea guida, sin dal 1988, è stata quella di trasformare Amerigo in un «classico moderno»: un ristorante solido, informale, immune alle mode passeggere. Per Alberto, l'innovazione può e deve essere un modo per valorizzare, migliorare e adattare la tradizione al presente.
L'innovazione si manifesta anche e soprattutto nella selezione meticolosa delle materie prime. Da Amerigo si privilegiano prodotti locali di altissima qualità, spesso frutto del recupero di razze tradizionali o di metodi sostenibili, come la Mora Romagnola, la Bianca Modenese, le farine macinate a pietra, le patate locali e i tartufi. Piatti tradizionali vengono così reinterpretati e elevati dalla cura nella preparazione e dall'eccellenza degli ingredienti - senza mai stravolgerli.
Icona assoluta della cucina bolognese, le tagliatelle al ragù non potevano mancare alla tavola di Alberto e non ci si può esimere dall’ordinarle. Un piatto generoso, da ingredienti locali al cento per cento: la carne di anteriore di vacca Bianca Modenese e la carne di maiale (prosciutto stagionato, coppone e traculi di Mora semibrada) sono la base. A queste si aggiungono verdure fresche di stagione per il soffritto, pomodoro, olio extravergine d'oliva di Romagna e Pignoletto dei Colli Bolognesi. La preparazione è lenta, con una cottura a fiamma bassa per almeno quattro ore.
Ma la peculiarità di questo ragù non sta solo negli ingredienti: arriva infatti a tavola accompagnato da un piattino con cipolla fresca e sale fino. Usanza che affonda le sue radici nella tradizione delle campagne bolognesi, quando si usava alternare un boccone di tagliatelle a uno spicchio di cipolla condita con un pizzico di sale, per esaltare i sapori.
E in effetti il ragù di Amerigo, dopo ore di cottura lenta, ha una consistenza ricca, piena, setosa. È un sapore robusto, che viene bilanciato dal sapore della cipolla cruda, fresca e pungente, una nota erbacea che sorprende. La croccantezza della cipolla rompe la morbidezza del ragù, equilibrandone la ricchezza. Il sale intensifica gli altri sapori, rendendoli più definiti, penetranti: carne, pomodoro e tagliatelle emergono con maggiore chiarezza e l’abbinamento – solo apparentemente insolito – esalta la ricchezza del piatto, rendendolo più dinamico e stratificato.
Non sorprende quindi che la Trattoria da Amerigo si fregi della Stella Michelin dal 1998. Questo riconoscimento è per loro una certificazione di «un'ottima tavola nella sua categoria», ma senza mai perdere lo spirito e lo stile di una trattoria di campagna.
Per Alberto, la stella significa dare il massimo ed essere eccellenti nella propria identità. La Stella Michelin non è un'imposizione a cambiare la propria anima, ma un segno di qualità che conferma la loro coerenza e il loro valore nel panorama gastronomico italiano.
La Trattoria da Amerigo 1934 è molto più di un ristorante; è un'eredità vivente, un luogo dove il cibo e l'ospitalità sono la manifestazione tangibile di una storia, di un luogo, di una famiglia e di una comunità. Rappresentano un classico moderno pieno di vita e significato, unendo passato e presente in ogni piatto, con una qualità che arriva dritta al cuore, e al palato, sempre nell’impronta della tradizione, come ricorda Alberto Bettini: «mi piace essere quello che da tre generazioni siamo sempre stati: una trattoria di campagna».













