Il Martini: l’enigma trasparente
- Nora M.

- 19 apr
- Tempo di lettura: 4 min
The Martini Diaries – Capitolo 1. Una rubrica curata da Nora M.
Semplice all’apparenza: tre ingredienti: un distillato (gin o vodka), vermouth e garnish. Eppure, pochissimi cocktail dividono, affascinano e confondono come lui.
Il Martini non è per tutti
È un drink maturo, forte, a volte spigoloso e difficile. Un drink che ti sfida. Richiede rispetto, ha un fascino che non nasce dal piacere immediato, ma dall’eleganza sofisticata di un enigma che deve essere risolto. Di un’alchimia che deve essere compresa.
Per chi lo ama, è un rito. Un ritratto liquido di chi lo ordina, in quell’istante.
È il più classico dei classici, ma anche il più soggettivo, volubile, e uno dei più facili da sbagliare.
Racconta di te prima ancora che tu ne abbia fatto un sorso, soprattutto se non sai quello che stai facendo. Perché il Martini non è un cocktail qualsiasi. È un territorio da esplorare, un linguaggio da imparare. Chiunque abbia provato ad approcciare un bartender senza sapere cosa dire lo sa: bisogna avere le idee chiare.
Il Martini non si improvvisa
Ordinarlo è come bussare alla porta di uno speakeasy: e se non conosci la formula magica, rischi di ritrovarti con qualcosa di più simile ad un elisir avvelenato o, peggio ancora, con un bicchiere d’acqua sporca, l’equivalente liquido di una porta sbattuta in faccia.
Per questo è fondamentale avere le risposte pronte alle tre domande che ogni bartender che si rispetti dovrebbe fare: Gin or vodka? Wet or dry? Olive or twist? (E se non te le fanno… scappa.)
Ma è nella preparazione che si gioca la vera alchimia. Il Martini è un’equazione sottile, un misto tra chimica, fisica e arte culinaria.
Gli ingredienti devono essere bilanciati al nanomillilitro, cercando di accomodare i desideri specifici di chi lo richiede, ma anche, talvolta, di salvarlo dalle scelte inesperte di coloro che non lo hanno ancora capito a fondo.
La maggioranza lo preferisce dry, per un sapore più semplice e pulito, in cui il distillato prescelto è il vero protagonista e lascia appena spazio al ricordo del vermouth, che ha sciacquato il bicchiere ed è stato poi scartato.
Solo i più temerari, o forse più nostalgici, lo scelgono wet, per lasciarsi sedurre dall’enigma delle note erbacee del vermouth e mettere alla prova le capacità del bartender di trovare le proporzioni perfette a seconda del distillato di base, per esaltare le caratteristiche dei due senza che uno prevalga sull’altro, in un’armonia tanto sublime quanto complessa.
La garnish dà il tono: l’agrumato evocativo del twist, l’umami deciso dell’oliva, l’insolta acidità della cipollina in un Gibson e alle volte qualcosa di esotico o enigmatico, ad hoc a seconda dell’inventiva del bartender o del cliente.
Ogni distillato può essere elevato, o completamente compromesso dalla garnish, e parte del talento di chi lo prepara o del gusto raffinato di chi lo ordina sta proprio lì: nel capirlo.
Stirred, not shaken.
Il Martini, salvo rare eccezioni, va mescolato, non shakerato.
È un drink che va contemplato, e ha bisogno del suo tempo per essere bevuto e scoperto. È importante quindi partire da un Martini freddissimo, la temperatura inizialmente copre la forza dell’alcool per lasciare che le note di testa della miscela si esprimano al meglio, man mano che si sorseggia, il liquido si scalda leggermente lasciando spazio di evolversi alle note di cuore e di fondo e al palato, ormai assuefatto, di scoprirle in un viaggio che sorprende e appaga fino all’ultimo goccio.
Ma non è solo questione di freddo, ma anche di come quel freddo si ottiene.
Shakerare è un’azione violenta, rompe il ghiaccio sciogliendolo troppo e va a disturbare le molecole botaniche più delicate del Gin e del vermouth distruggendole. Il risultato può essere un drink annacquato che ha perso la sua eleganza: il peggior crimine del bancone.
Lo stirring raffredda senza rompere troppo il ghiaccio permettendo di portare il cocktail alla temperatura giusta prima che si sciolga troppo, il vero talento sta nel cogliere il momento esatto in cui è pronto per essere servito.
Il bicchiere fa la differenza.
Che sia una coupe, un nick & nora o un classico Martini glass o, per chi si vuole distinguere, un tumbler servito on the rocks, una cosa è certa: il bicchiere deve essere impeccabile. Sottile, elegante, e soprattutto gelido.
Perché con un drink così nudo, e allo stesso tempo così complesso, anche l’elemento tattile è parte dell’esperienza.
La delicatezza dello stelo tra le dita, il tocco del vetro sulle labbra, come un bacio della regina dei ghiacci, il suo peso calibrato: tutto contribuisce al rito.
Il Martini è anche un simbolo.
Di eleganza, di controllo, di sobrietà ostentata, anche quando sobrio non lo è affatto, è un emblema di esperienza, di passati trascorsi, di conoscenza e sicurezza nelle proprie certezze.
È stato bevuto, amato e interpretato da scrittori, spie (vere o immaginarie), diplomatici, donne raffinate e uomini spigolosi.
Ma il segreto resta sempre lo stesso: scoprire la ricetta perfetta per te, prepararlo con rispetto, e ancora di più berlo apprezzandolo per quello che è: un sorso che racchiude mille identità e storie, pronte a intrecciarsi con la tua.
Il bello del Martini è proprio questo: è un drink che racconta, ti racconta e ti fa raccontare. È il compagno ideale per condividere un segreto, con una persona fidata, o con lo sconosciuto di fronte a te. Ma può anche essere un momento di contemplazione silenziosa, la celebrazione di un istante dedicato a sé stessi, in una sorta di rito privato.
Non è un drink per tutti. Ma può diventare il TUO drink, se gli dai tempo e attenzione.
In questa rubrica andremo a fondo: parleremo di varianti storiche e moderne, leggende metropolitane, città, bicchieri, tecniche, distillati e persone.
E proveremo a capire perché, in un mondo saturo di drink sempre più elaborati, il Martini resta, nonostante tutto, un classico che resiste al tempo. E che, se fatto bene, ti rapisce.
Se questo viaggio ti incuriosisce, segui CRUDA per scoprire i prossimi Capitoli.
E stasera, magari, vai a bere un Martini fatto bene… e comincia a cercare il TUO, come piace a te.

