Tema: il sogno di Francesca che profuma di pizza e memoria
- Roberto de Pascale - unpuglieseinterrapontina
- 22 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Tecnica contemporanea, identità territoriale e una tonda romana che racconta l’Agro Pontino. Roberta e il suo team raccolgono l’eredità di Francesca e la trasformano in un progetto vivo, lucido e sincero
È una sera di settembre quando da Latina prendo la strada per Aprilia. Dopo mesi in cui avevo letto e riletto articoli su Francesca Marcantognini e dopo alcuni messaggi scambiati con Roberta Bortone, sento che è arrivato il momento di varcare la soglia di Tema. L’aria è ancora tiepida, la città si illumina piano piano e io mi preparo a vivere un’esperienza che so già non sarà solo gastronomica.
Appena arrivo, sulla porta mi accoglie Roberta con un sorriso sincero e caloroso. Mi stringe la mano, mi fa accomodare ad un tavolino appartato apparecchiato solo per me e, mentre ci sediamo, il tono della serata si fa subito intimo e familiare. Iniziamo a chiacchierare.
Ricordo ancora il primo articolo che lessi su Francesca Marcantognini: aveva solo 25 anni e con orgoglio annunciava che da luglio 2024 la sua pizzeria Tema di Milano si sarebbe trasferita ad Aprilia.
Aveva scelto Aprilia perché era semplicemente casa, il luogo delle sue radici, e perché desiderava riportare valore al suo territorio. Quella scelta mi colpì molto: affermarsi in una piazza complessa come Milano e poi tornare in una realtà più piccola non è cosa che si legga tutti i giorni.
Roberta mi racconta che Francesca era curiosa di cucina fin da bambina: implorava la mamma di preparare una torta e, a soli nove anni, trovò per caso un libro di panificazione che la fece innamorare degli impasti. Da lì iniziò a cimentarsi sempre più, fino a scegliere di specializzarsi. Poi l’incontro con Gabriele Bonci, l’innovatore della teglia romana, che segnò una tappa fondamentale del suo percorso.
Ora hanno riaperto l’8 luglio dopo i tragici eventi e così le chiedo dove nasce la forza che ha spinto lei ed il team a ripartire. La prima cosa che mi dice, sorridendo, è che Francesca sapeva bene quanto loro fossero capaci di condurre Tema anche quando lei doveva assentarsi. Lo aveva scritto anche sui social, con malcelato orgoglio. Li stimava tutti e gli voleva bene.
«Francesca era passione, sacrificio, perfezionismo», continua Roberta. «In meno di un anno è riuscita a trasmetterci il suo sogno e le sue ambizioni. Ora, dopo la sua scomparsa, noi tutti insieme vogliamo portare avanti Tema, il suo sogno, il suo progetto, provando con tutte le nostre forze ad elevarlo e a raggiungere quei traguardi di cui purtroppo lei non ha potuto gioire».
Chiedo a Roberta cosa li distingue dagli altri. Lei, con un sorriso contagioso e guardandomi dritto negli occhi, risponde: «Tecnica contemporanea, identità territoriale, filiera agricola: sono tutti elementi che hanno contraddistinto la visione di Francesca». Mi racconta che al centro del menù – che cambierà ogni tre mesi – resta la tonda romana al mattarello, sottile e croccante, frutto di 30 ore di fermentazione a temperatura controllata, condita con ingredienti che raccontano le stagioni e le tipicità dell’Agro Pontino. «E poi c’è Christian,» aggiunge, «il pizzaiolo che ha iniziato con Francesca e con lei ideava le sue pizze».
Sfogliando il menù mi accorgo che non c’è solo la pizza a renderli speciali ma tante specialità romane rivisitate in chiave locale. Ciò che mi colpisce delle parole di Roberta è che Francesca si fidava ciecamente di loro, delegava con naturalezza, nonostante fosse la mente del locale. Per lei era la normalità . E ammiro come oggi Roberta e il team di Tema siano riusciti a conservare in modo così forte gli ideali che hanno contraddistinto fin da subito questa pizzeria. «Era talmente convinta di noi», mi dice, «che il suo sogno era tornare a insegnare e lasciare che Tema fosse portato avanti da noi».
Dopo queste parole, Roberta si alza e mi sorride: «Ora inizia davvero la tua degustazione». Ritorna poco dopo con una sorpresa: un piccolo contenitore di ceramica bianca che custodisce un flan di verdure saltate in padella – spinaci, cicoria e bieta – con base di besciamella al parmigiano e, come decoro, un crumble di tarallo al finocchietto. Al primo assaggio la consistenza è morbida e vellutata, il gusto delle verdure è pieno e armonico; la besciamella regala rotondità e il crumble aggiunge croccantezza e un profumo sorprendente. «Un inizio così non me lo aspettavo,» le dico. Roberta annuisce: «Un piccolo omaggio a Milano, dove tutto è cominciato».
Prima che Roberta ritorni, un ragazzo di sala – gentile e sorridente – mi porta una birra bionda. Qui hanno scelto di proporre solo birre e vini locali, artigianali: una scelta precisa, che li distingue da tanti altri e che racconta ancora una volta l’attenzione al territorio.
Poco dopo Roberta torna al tavolo con un bel piatto tondo scuro. «Ecco i nostri fritti». Sul piatto si compone un piccolo viaggio di sapori. Il supplì al pomodoro ha una panatura croccante che si rompe con un suono secco, rivelando un cuore filante e saporito, equilibrato e mai stucchevole. L’arancino sorprende: niente riso, ma un tonnarello alla carbonara che trasforma un classico della cucina romana in un piccolo esercizio di stile, goloso e spiazzante. Il secondo arancino, con carne di vitella sfilacciata e crema di burro, è morbido, avvolgente, quasi comfort food, e quella foglia di salvia fritta in cima aggiunge un tocco aromatico che pulisce il palato. Il filetto di baccalà fritto è leggero, asciutto, con una maionese al basilico che lo veste di freschezza e lo rende elegante. Chiudono le cotolette di alici, fragranti e sapide, con una maionese che accompagna senza coprire. «Questi fritti da soli basterebbero a raccontare una filosofia», commento. Roberta sorride: «ogni boccone deve avere un’identità ».
Roberta si avvicina di nuovo al tavolo e sorridendo: «Hai un desiderio?» mi chiede. «Ho letto che avete omaggiato Francesca con una pizza, la Ciao Fra!... ovviamente vorrei assaggiarla».

Pochi minuti dopo torna con un piatto che custodisce mezza Ciao Fra! e mezza Marinara 3.0. «Così puoi conoscerle entrambe». La Ciao Fra! è luminosa ed elegante: fiordilatte, crumble al burro salato, alici di Anzio e zest di limone. La Marinara 3.0 reinterpreta la tradizione con creatività : pomodoro Migliarese, terra di olive di Itri, datterino giallo, alici di Anzio, stracciatella artigianale e origano. Taglio la fetta: il cornicione scrocchia, la base sostiene, i profumi si intrecciano. «Com’è?» mi chiede Roberta. «È una pizza che non grida: parla», rispondo. Lei sorride: «È quello che volevamo: una pizza che si ricorda».
Terminata la pizza, mi alzo e vado in cucina. Christian è lì, con le mani ancora infarinate, concentrato sul banco di lavoro. Gli stringo la mano, mi complimento con lui per la cura e la precisione. Lui sorride, mi ringrazia e torna al suo lavoro, lasciandomi la sensazione di aver interrotto un rituale sacro, ma anche di aver condiviso un gesto vero, non dovuto.
Prima di andar via, accenno a Roberta che ho sentito parlare del loro famoso padellino. Arriva un tiramisù caldo servito nel padellino: alto, ricco di crema, morbido e profumato. Il cucchiaio affonda nella sua consistenza vellutata e il calore amplifica i sentori di caffè e cacao. «È un dolce che scalda il cuore, non solo il palato», dico ridendo. Prima di andar via, mi alzo e abbraccio Roberta: è un gesto necessario per ringraziarla dell’accoglienza e della forza che trasmette. Stringo la mano ai due ragazzi in sala, giovani e appassionati, che con discrezione hanno reso speciale ogni momento del servizio. Passo dalla cucina, saluto Christian e gli altri: ragazzi formidabili, sorridenti, con gli occhi pieni di energia e di dedizione.
Esco con il cuore leggero e la certezza che Tema non è soltanto una pizzeria, ma la dimostrazione che i sogni possono davvero diventare realtà quando a crederci è un gruppo unito, che porta avanti una visione con amore e determinazione.











