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Dall’orto alla tavola: la storia di Erba Brusca, orto con cucina

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Erba Brusca è un luogo dove la città si apre alla campagna, dove l’orto diventa linguaggio e la cucina un gesto di connessione autentica tra chi coltiva, chi cucina e chi assaggia


Alle porte di Milano, nel punto in cui la città incontra i campi del Parco Agricolo Sud, da più di dieci anni Erba Brusca porta in tavola una filosofia ben precisa, intrecciando anima urbana e radici agricole, e mettendo al centro l'orto e quello che ha da offrire.


Se inizialmente le materie prime venivano acquistate da fornitori di fiducia, nel 2017, accanto al locale, è arrivato un terreno di 4.000 metri quadri. «Abbiamo cominciato a produrre gran parte delle verdure che usavamo, arrivando anche a coprire l’80-90% del fabbisogno stagionale», racconta Alice Delcourt, chef franco-inglese cresciuta negli Stati Uniti e italiana d’adozione. «Qualche anno fa abbiamo ampliato ancora, prendendo altri due ettari e mezzo, e oggi l’obiettivo è far crescere l’orto non solo per il ristorante, ma anche per rifornire altri locali e creare un piccolo mercato attorno a noi».



Per Delcourt, la creatività non nasce mai da un’idea astratta ma dal contatto diretto con la terra: «non penso mai a un piatto prima di andare nell’orto. È lì, o parlando con Danilo che lo gestisce, che comincio a immaginare il menù della settimana. Raccogliamo ogni giorno quello che ci serve. Non esistono forniture stoccate in frigo, ma un lavoro costante che segue i ritmi della terra,» spiega.


Da qui prende forma un menù che cambia con una frequenza quasi settimanale. Alcuni piatti ritornano, magari modificati, altri nascono dall’abbondanza improvvisa di un ingrediente. «Spesso capita che un ingrediente in abbondanza – come le zucchine in estate – diventi il cuore di un piatto in più versioni: crema, marinata, alla brace, in scapece. È un esercizio creativo che nasce dal limite, non dall’eccesso».


Questa filosofia di ascolto e rispetto si estende ai fornitori. «Conosciamo personalmente tutti i nostri produttori, molti da oltre quindici anni. Lavoriamo con quelli che consideriamo onesti e legati alla loro terra. Un animale deve sapere di animale, un pomodoro deve sapere di sole e non di frigo,» racconta Delcourt. L’importante è la relazione: più di ogni etichetta, conta la fiducia reciproca.


Anche la ricerca ha ovviamente un ruolo centrale da Erba Brusca: la libreria di Delcourt - che accoglie gli ospiti già dall'ingresso del locale - è piena di testi, dalle ricette tradizionali italiane ai volumi più contemporanei. «Mi piace vedere come venivano usati certi ingredienti in altre epoche e in altri paesi. Non punto mai a replicare, ma a reinterpretare. È un modo per crescere e per dare una voce nuova a quello che ci offre l’orto». Così nascono piatti che sorprendono, come il nasturzio trasformato in gelato o la rapa rossa proposta a chi pensava di odiarla: «far cambiare idea a qualcuno su un ingrediente che credeva di non amare è una delle soddisfazioni più grandi».


E tra uno scaffale pieno di ricettari e una vecchia stampa alla parete, anche lo spazio racconta di un'identità, viva, forte, tenace. Prima che diventasse Erba Brusca, era un locale storico di musica dal vivo, frequentato da jazzisti e anarchici: «ci piaceva che fosse un pezzo di Milano di una volta, in una zona di confine tra città e campagna. Qui la città finisce e i campi ricominciano. Chi viene a cena da noi lo fa dedicando tempo: non è un posto dove si passa dopo il teatro, ma un luogo dove rallentare».



Dentro, l’atmosfera segue lo stesso ritmo lento. Non è una trattoria di famiglia, né un ristorante formale: è uno spazio dove sentirsi a casa. «Per noi è importante che chi viene non torni a casa solo con il ricordo di un buon piatto, ma con la sensazione di aver trascorso una serata bella, senza fretta» spiega Delcourt. «Non mi interessa che il cibo diventi spettacolo o una foto per Instagram: se un cliente torna a casa e si sente bene, vuol dire che il nostro lavoro è riuscito».


Anche il gesto del cucinare diventa un linguaggio di equilibri. «Un piatto per me è come un quadro: hai a disposizione l’acidità, la dolcezza, l’amaro, la sapidità – e li combini in modo armonico. Quando hai questi strumenti e conosci come funzionano tra loro, tutto viene naturale».



In questo intreccio tra orto e cucina, comunità e ricerca, Erba Brusca continua a raccontare una storia che non si limita a cucinare: è un’esperienza che fa vivere il ritmo della terra, nel cuore stesso di Milano.


È un invito a sedersi a tavola e lasciarsi guidare dai cicli naturali, scoprendo che un piatto può essere al tempo stesso memoria e sorpresa, semplicità e cura.


Erba Brusca è questo: un luogo dove la città si apre alla campagna, dove l’orto diventa linguaggio e la cucina un gesto di connessione autentica tra chi coltiva, chi cucina e chi assaggia.

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