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ULTRA Milano, un lessico fluido per la notte milanese

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 12 nov
  • Tempo di lettura: 4 min

Pizza, cocktail e sperimentazione: ULTRA rifiuta le definizioni e costruisce un linguaggio unico tra cucina, mixology e community


ULTRA non appartiene a una categoria: è un lessico nuovo della notte. Un bancone che diventa palcoscenico, pizza che dialoga con i cocktail, tavoli condivisi e una community che riconosce nei dettagli la sua identità.


Fabrizio Margarita, imprenditore campano che, dopo aver portato l’italianità a Londra, ha scelto di tornare in Italia per dare forma a un’idea tutta sua, lo racconta così: «È difficile individuare una parola che descriva il binomio di Ultra, spesso coi nostri ospiti mi piace scherzare, Ultra lo descrivo come fluido... è senza genere ma anche più generi allo stesso tempo».


Con lui in questa avventura Tommaso Formichi, manager, Nazar Usachuk, pizzaiolo e Lorenzo Mazzilli, bartender.



In questo spazio il tempo non si misura in portate o drink, ma in quello scarto identitario che promette possibilità e combinazioni infinite: «sicuramente Ultra è un posto dinamico e multiforme, e offre agli ospiti la possibilità di declinare la loro serata in modi diversi in base al momento e al desiderio, permettendogli di restare senza annoiarsi».


Dietro al forno, Nazar Usachuk traduce la sua storia in impasti e topping. «A 6 anni mi sono trasferito ad Aversa dall’Ucraina, sicuramente questo capitolo ha segnato un punto di partenza per quella che oggi non solo è la mia più grande passione ma anche il mio lavoro, il mio canale di espressione», spiega. «Sono una persona molto diretta, non ho problemi a dire quello che penso ma lo dico sempre col sorriso. Allo stesso modo l'impasto e i topping che propongo mi rispecchiano, arrivando chiari e senza fronzoli al tavolo. Certo, la ricerca del prodotto e l'utilizzo di ingredienti particolari sono presenti, ma mai caricaturali. Se utilizzo un ingrediente, l'ho scelto perché sta bene, perché ci credo».


Ultra è quindi un'esperienza di continuo scambio, all'insegna, appunto, della fluidità. Una contaminazione costante e tangibile tra forno, cucina e bancone, separati da un confine sfumato, in cui le influenze sono reciproche e mai facilmente definibili. Lavorando a stretto contatto, bar e cucina si contaminano costantemente come in un processo di osmosi.


Da ULTRA la cucina parla sì la lingua della pizza, ma lo fa con accento proprio. Tre impasti — Tradizione, Signature e Crunchy — diventano terreno di gioco per ingredienti scelti con cura e libertà. Le montanarine, prima fritte e poi passate al forno, sono una dichiarazione d’intenti: leggere, precise, mai nostalgiche. La focaccia di orzo e riso con pastrami, pickles, Comté e cren racconta un gusto forte ma anche elegante che permane in bocca e nella memoria, mentre la pizza con fiordilatte, anguilla affumicata, cipollotto fondente e salsa al sesamo mostra quanto la tecnica possa restare accessibile, senza diventare esercizio di stile.


Dietro al bancone, la stessa attitudine prende forma in chiave liquida. La cocktail list nasce come una ricerca cromatica: ogni drink è costruito su un colore e sulla sensazione che evoca. Ultra Red, Ultra Green, Ultra Blue — nomi che diventano coordinate sensoriali, tra infusioni, fermentazioni e distillazioni fatte in casa.


Anche lo spazio partecipa a questa idea di connessione. «È fondamentale che l'ambiente e il prodotto siano in sinergia; per noi il gusto e la qualità devono essere sempre in primo piano, l'estetica accompagna e supporta ma senza distrarre. Spesso il piacere nel consumare un piatto raggiunge il suo apice nel momento in cui anche il contesto è coerente».



La community che ruota attorno a ULTRA è ormai una piccola città nella città, fatta di volti e rituali condivisi. «La community di un locale è anche l'indice del suo successo. Avere una community ci conferma che il nostro prodotto e il nostro formato piacciono, che è un punto di ritrovo, dove il gusto possa mettere d'accordo e connettere persone con storie e interessi diversi. Avere una community significa venire capiti e capire il nostro pubblico».


E poi c’è quella mezzanotte che appartiene solo a chi lavora nella ristorazione, quando la città si svuota e restano i cuochi, i bartender, il floor. ULTRA diventa rifugio e prolungamento di un mondo che vive dietro le quinte, nelle cucine, dietro i banconi: un luogo dove chi ha appena finito di servire può, finalmente, sedersi.


Milano, vista da qui, è inafferrabile e magnetica. «Milano è sempre stata una città molto mutevole... un po' come il Principio di Indeterminazione di Heisenberg: non si può calcolare la velocità di un elettrone e la sua posizione nello stesso momento. Forse è questa sua mutevolezza e multiculturalità contaminante la peculiarità del gusto di Milano».


E quando si chiede cosa resta dopo una serata da ULTRA, Margarita non ha dubbi: «Sicuramente la voglia di tornare. I nostri ospiti devono prima di tutto stare bene, alleggerirsi dei problemi della giornata, divertirsi. Non è tanto cosa portano con sé quando vanno via, ma da cosa riescono a liberarsi nel momento in cui entrano.»


Da ULTRA la notte non finisce davvero. È fatta di chi resta a parlare anche quando i tavoli si svuotano, di connessioni, cocktail, pizze e ricerca instancabile anche mentre  la città dorme.

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